Consapevole o Consumista? Ep.4: Comunicare la sostenibilità

Questo è l’ultimo capitolo del nostro racconto di “Consapevole o Consumista?”, l’indagine svolta durante il Web Marketing Festival 2022: una demo di NeosVoc dal vivo, nella quale abbiamo coinvolto il pubblico dell’evento (principalmente costituito da marketer e comunicatori) applicando il nostro Green Potential Detection Model, che ci consente di capire quanto le persone siano orientate alla sostenibilità, dal punto di vista dei loro tratti della personalità e dei loro comportamenti.

Il primo episodio è dedicato Green Potential Detection Model e ai risultati complessivi dell’indagine di Rimini. Nel secondo abbiamo esplorato il mondo dei tratti psicografici e della propensione ai comportamenti sostenibili. Nel terzo episodio abbiamo invece osservato un fenomeno strano, legato all’età dei rispondenti, che ci ha incuriosito e ha fatto emergere temi interessanti.

 

WMF 2022

 

Le specificità del nostro campione, formato prevalentemente da marketer e comunicatori (vedi i dettagli sul campione nel primo episodio) hanno costituito un’occasione preziosa per confrontare persone e professionisti. Questi professionisti, infatti, sono coloro che sempre di più si confrontano con il tema della sostenibilità, ricoprendo un ruolo fondamentale: convincere, educare, in alcune situazioni, anche, persuadere.

Sappiamo che non sempre, facendo questo mestiere, possiamo credere nelle cose che stiamo offrendo al pubblico. In questo caso, però, la situazione è particolare. Il rispetto per l’ambiente non è un prodotto, la sostenibilità non è un trend (e basta). Però non è scontato che chi ci lavora ci creda, esattamente come se stessimo parlando di un prodotto o di un trend qualunque.

“Consapevole o consumista?” ci ha offerto molti spunti sui quali riflettere. E non solo a livello accademico, ma proprio in termini operativi.

Ricapitolando molto brevemente quello che è emerso, oggi sappiamo che:

  • Il pubblico che abbiamo coinvolto ha un Indice di Consapevolezza Ambientale che fatica a raggiungere la sufficienza: marketer e comunicatori hanno bisogno di aumentare la loro sensibilità ambientale e la loro propensione verso la sostenibilità;
  • La nostra sensibilità ai temi ambientali ha una radice nei tratti della nostra personalità: in qualche modo, ci sono persone più predisposte di altre ad assumere comportamenti sostenibili. In alcune situazioni, però, a tratti della personalità che indicano una buona propensione, non corrispondono comportamenti altrettanto virtuosi. E viceversa;
  • I più giovani hanno tratti di maggiore propensione verso la sostenibilità, ma i comportamenti più sostenibili vengono dai meno giovani.

La sostenibilità non è uguale per tutti

La sostenibilità non ha una sola faccia. A seconda di dove ci si situa, se ne avverte un aspetto piuttosto che un altro. Il che comporta che ognuno se ne faccia un’idea.

C’è un tema generazionale, innanzitutto. Abbiamo osservato per esempio che i più giovani – che nel nostro caso non sono esattamente la “generazione Greta”, ma i loro fratelli maggiori – affrontano il tema con un grande afflato ideale, non condiviso dai meno giovani. Ma se ci chiediamo da dove vengano i comportamenti che abbiamo chiamato “consapevoli” messi in atto da questi ultimi, è facile ritrovare in essi molte cose: una responsabilità che origina nelle responsabilità della vita, ma anche, forse, i segni di un’educazione lontana, in cui le nonne si raccomandavano di spegnere la luce quando si usciva da una stanza.

C’è poi un tema di percezione di sé. Sentirsi come un ingranaggio di un meccanismo complesso è diverso che sentirsi un visitatore della fabbrica. L’ingranaggio sarà coinvolto, il visitatore no. E questo indipendentemente dal fatto di essere un professionista (qualcuno cioè che deve portare qualcun altro verso un certo pensiero). La percezione di sé comprende il tema della rimozione della dissonanza cognitiva: essere considerati “una brava persona” spinge a essere ingranaggio, nei meno giovani; la necessità di far quadrare i conti costringe a fare i visitatori (pieni di buone intenzioni) nei più giovani.

C’è, infine, un tema di educazione. Di esperienza, di contesto, di cultura. Di famiglia nella quale si è cresciuti, di persone che si sono frequentate, di ambienti in cui ci si è formati. Tutte cose che hanno posto l’asticella della sensibilità ambientale a un certo livello e che, a distanza di tempo, continuano a pesare sulla possibilità di alzarla, questa asticella.

Perciò la prima cosa da fare, quando si affronta l’argomento sostenibilità, è prendere atto di questo: magari i comportamenti che vogliamo indurre sono gli stessi per tutti, ma di sicuro non possiamo farlo usando con tutti la stessa strategia.

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Il ruolo delle aziende

Ma qual è il ruolo delle aziende nella diffusione di una sensibilità ai temi dell’ambiente (e della sostenibilità in generale, che, come sappiamo, non è solo ambiente)? Perché ce ne preoccupiamo così tanto?

Intanto una considerazione. “Sostenibilità” è ormai una keyword per il marketing. Sorvolando sulle operazioni spot – singole campagne – e su quelle di facciata, la tendenza di molti brand è quella di comunicarsi attraverso la lente di questo tema. E la comunicazione crea e trasmette cultura: a volte segue, ma spesso trascina verso comportamenti, atteggiamenti, modi di sentire, punti di vista.

Perciò le aziende possono avere un ruolo importante nell’educare le persone e promuovere comportamenti sostenibili, avendo a disposizione risorse (non solo economiche) che sono difficilmente raggiungibili anche dalle istituzioni. Basti pensare alla velocità con la quale un’azienda può promuovere una campagna di comunicazione. Perché sono avvantaggiate? Perché uno spot, una campagna brandizzata, se la ricordano tutti. I brand sono già presenti nella testa delle persone, per cui se esprimono qualcosa, un concetto, è più facile che la gente se lo ricordi, ne parli, lo digerisca.

Naturalmente i consulenti e le agenzie a cui l’azienda si rivolge per abbracciare questo tema, devono essere preparati e sapere come gestirlo. E se la sostenibilità di cui questi si fanno portavoce non è solo mestiere, ma convinzione profonda, è immaginabile che funzionerà meglio.

E le istituzioni?

Questo significa tagliare fuori le istituzioni? Certamente no, anche se qui il discorso si fa decisamente più complesso, soprattutto nel momento attuale.

Con una crisi idrica appena vissuta e una crisi energetica che ci sta travolgendo, non è più pensabile che il tema ambientale venga affidato esclusivamente all’iniziativa individuale. E nel momento in cui diventerà, per le istituzioni, una questione collettiva, verrà anche lì il momento di mobilitare i comunicatori per trasmetterla alle persone.

E questi comunicatori dovranno essere bravi. Se poi ci credessero anche, sarebbe perfetto.

Per comunicare la sostenibilità

Se chi comunica ha le lacune che abbiamo osservato nel nostro campione – non possiamo generalizzare, ma il dato è comunque singolare e interessante -, l’ampiezza e la varietà del pubblico che si situa fuori da questa bolla ci porta a pensare che la situazione non sia migliore al di là delle porte dell’evento riminese. Perciò questo pubblico va capito e neanche per un momento considerato come omogeneo.

In questo senso, la profilazione psicografica è uno strumento prezioso per comprendere a fondo chi abbiamo davanti e come è più corretto parlargli. Identificare tratti e comportamenti, come abbiamo visto, è fondamentale per poter costruire i messaggi della sostenibilità in maniera efficace.

Personalizzando la comunicazione il più possibile, sapendo che le sensibilità sono diverse.

Ma che cosa significa personalizzare? Proviamo a fare un esempio. Sappiamo che esistono persone dotate di una spiccata sensibilità ai temi dell’ambiente – i cui tratti significativi sono l’universalismo e la coscienziosità. Queste persone si lasceranno coinvolgere da una narrazione basata sui valori in cui si riconoscono: la responsabilità, la visione del futuro, l’appartenenza a un gruppo (che in questo caso è l’umanità intera).

Ci sarà poi chi, invece, si caratterizza per tratti come l’autoaffermazione e l’estroversione. Qui la narrazione avrà caratteristiche completamente diverse, perché dovrà lavorare su temi come il riconoscimento sociale, lo status, il ruolo di protagonista che ciascuno deve ricoprire in questo compito.

Comunicare in modo personalizzato, in realtà, vale sempre. Qualunque prodotto o servizio non può che giovarsi di narrazioni fatte su misura per pubblici diversi. Il nostro tema, però, è particolare, e quindi richiede qualche attenzione in più.

Formare chi deve parlare di sostenibilità agli altri

Se per parlare di un prodotto di largo consumo è sufficiente una manciata di riunioni in cui si passano le informazioni dall’azienda all’agenzia, con la sostenibilità è molto più difficile. Chi parla di sostenibilità deve sapere di cosa sta parlando, deve conoscere il sistema che sta alla base del funzionamento dell’ambiente naturale. In questo caso, semplificare non paga.

E in realtà non si tratta neanche solo di formazione: è proprio educazione.

E allora diventa fondamentale accertarsi che abbia luogo una formazione seria e orientata, appunto, all’educazione. Verificando che chi sta insegnando la sostenibilità a marketer e comunicatori sia qualcuno che sa di cosa parla. Che sia una persona che fa comunicazione, tra l’altro, perché a queste persone i meccanismi di trasmissione di un messaggio diverso per pubblici diversi è familiare e sapranno trovare i codici per far arrivare a tutti un’informazione equilibrata tra assolutismi e atti pratici.

Rifuggire le semplificazioni e non aver paura della complessità è il secondo punto. È vero che la paura smuove le coscienze, ma è vero anche che le obnubila. Quindi, la creazione di consapevolezza sarà l’unica chiave per arrivare a un pubblico che, per sua formazione e spesso per necessità, tenderà sempre a essere un po’ scettico. Anche se tutti conoscono l’effetto farfalla, non è detto che si pongano il problema ogni volta che attraversano un campo di fiori.

Ricordiamoci che qui non si sta parlando di un “semplice” prodotto, ma del futuro di tutti.

 

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