“Voci dalla Quarantena. La vita degli italiani durante il Coronavirus.”

Dallo scorso 9 marzo la vita degli italiani non è più la stessa e molti vanno a dormire la sera con il dubbio che della “vecchia normalità” resterà ben poco.
Nell’attesa di capire se (e quanto) saremo in grado di trasformare tutto il disagio comportato dall’emergenza Covid-19 in un’opportunità di miglioramento, abbiamo cercato di scoprire cosa sia accaduto nelle case degli italiani durante il periodo centrale della quarantena e come siano cambiate le loro abitudini, da quando è in corso il cambiamento più grande: il distanziamento sociale.
Di certo ad essere evidente è la completa assenza di un piacere fine se stesso: tutto ciò che si fa, si tinge di dovere, di necessità. Nella corsa alla resistenza, anche le attività di norma più ludiche si privano della loro dimensione più emozionale, poggiandosi su motivazioni prettamente razionali.

 


 

Qual è stato, dunque, l’effetto domino dell’isolamento sulla vita degli italiani? Cos’è cambiato nel loro stile di vita da quando sono chiusi nelle loro dimore?

A ben vedere, le trasformazioni sono state tante e tutte piuttosto profonde.
Se, come facilmente desumibile e come abbiamo già avuto modo di analizzare nei precedenti articoli, i maggiori cambiamenti hanno riguardato i rapporti sociali (afferma di vivere significativi cambiamenti il 78,8% del campione intervistato) e più in generale la sfera emotiva dei soggetti, appaiono rilevanti anche i mutamenti in altri ambiti più fisiologici della persona, a partire dall’attività fisica (60%), passando dall’alimentazione (40,9%), fino ad arrivare ai ritmi sonno-veglia (38,8%): consuetudini che cambiano, tempi che si dilatano, nuove abitudini alimentari. Non senza differenze tra i vari segmenti.
La quarantena sembra, dunque, ridisegnare lo stile di vita degli italiani, mutandone – almeno temporaneamente- molti comportamenti. Come? Vediamolo insieme, analizzando una, ad una, le nuove abitudini.

 


 

Presenza di cambiamenti per singolo ambito. N. Rispondenti = 1195

 


 

Prima il dovere, poi il dovere

Per adattarsi a una nuova situazione è essenziale crearsi delle nuove routine, alcune delle quali vissute come inevitabili, ma sicuramente consapevoli.
Nel periodo di lockdown queste nuove modalità hanno abbracciato due piani fondamentali, quello dei bisogni primari – mangiare e dormire – e quello di una dimensione legata solo apparentemente al tempo libero, ma fondamentalmente connessa al fatto di trascorrere in casa molto più tempo di quanto non si faccia normalmente.

Tra le due categorie c’è un ponte: il (percepito) “dover fare”. Appartengono a questi comportamenti cose come fare la spesa (–> per poter mangiare), definire una dieta e fare esercizio fisico (–> per adattarsi alle mutate condizioni di movimento fisico), fare pulizie molto più di prima (–> per sfuggire al virus), tenersi occupati (–> per riempire il tempo, ma anche per riempirlo di senso).

Riguarda, quest’area, quella di cui abbiamo già parlato, il “darsi delle regole” le regole nascono per darsi dei binari entro i quali rimanere, binari che garantiscono il raggiungimento degli obiettivi individuali e collettivi. Nel nostro caso: le regole che una famiglia o una persona si danno, in questo periodo, servono a condurre un’esistenza il più possibile serena, minimizzando i rischi che la situazione nella quale si vive porti a perdere l’equilibrio fisico e mentale.

Vediamo dunque in che modo i cambiamenti raccontati dagli intervistati rispondono a questa esigenza.

 


 

Alimentazione. Un’Italia di Chef e salutisti

A conferma dei più diffusi luoghi comuni, i cambiamenti più profondi degli italiani non potevano che concentrarsi sull’alimentazione. Tra la diversa disponibilità di tempo e la permanenza forzata a casa, a riempire le giornate sembra innanzitutto essere un’attenzione maggiore verso la cucina. Non si tratta semplicemente di una, seppur ragguardevole, maggiore dedizione verso la preparazione dei cibi (54,4%), quanto di una più profonda propensione verso i temi della qualità e della sostenibilità. Le condizioni a cui costringe la quarantena sembrano infatti costituire una funzione di sensibilizzazione verso la riscoperta dei cibi più sani (27,9%) e il controllo degli sprechi alimentari (37,1%). Inoltre, accanto al 21,6% della popolazione che afferma di aver ridotto il consumo di cibi pronti è possibile annoverare un ulteriore 11,9% di intervistati che ha trasformato il periodo di lockdown in un momento in cui condurre una dieta più sana ed equilibrata.

Se, rinchiusi in casa e diversamente travolti dalla routine giornaliera, per molti degli italiani pare inevitabile mangiare di più (37,1%), è altrettanto vero che ad aumentare sembra anche la consapevolezza verso abitudini alimentari più salubri, verso quel concetto di cibo di qualità a cui peraltro avevano da tempo esposto i diversi format e canali social di tendenza.

Non manca, tuttavia, qualche zona d’ombra, rappresentata soprattutto da quanti (14,9%) riportano una maggiore tendenza al disordine alimentare. Come accade spesso nella lettura dei dati di questa ricerca, uomini e donne sembrano riportare scelte e stili dissimili, ma a fare la differenza, all’interno di questa cornice, è senza dubbio l’assetto in cui ciascuno vive la sua quarantena: se la presenza di compagni, e ancor più di figli, agisce da spinta positiva verso il perseguimento di abitudini sane e il mantenimento di uno stile alimentare qualitativamente elevato, la quarantena solitaria pare portare ad un maggior lassismo: chi è da solo dichiara in modo significativamente più elevato di avere abitudini alimentari più disordinate (24,9%) e di mangiare meno di prima (20,1%).

 


 

Dom. Rispetto ai cambiamenti nell’alimentazione, in quali dei seguenti aspetti si rispecchia di più? (Rispondenti: quanti hanno dichiarato cambiamenti nell’ambito dell’alimentazione. N = 914)


 

Riflessioni dalle interviste

L’alimentazione è un tema centrale su cui gli intervistati raccontano due storie divergenti. Quella razionale, la risposta alla domanda diretta su come si è modificata l’alimentazione, è che in questo periodo si cerca di diminuire le porzioni perché si fa meno movimento, e dunque si mangia in generale “meglio”. L’altra, che emerge come inciso mentre si parla d’altro, è che si mangia di più, anzi, si mangerebbe in continuazione. Sono vere entrambe le dichiarazioni, paradossalmente: è vero che si mangia in continuazione, perché il cibo ha un ruolo consolatorio fondamentale, ma è vero anche che si cerca di controllarsi. Insomma, potrebbe essere assai peggio.

 

Sto mangiando decisamente meglio, molto meno schifezze.

 

L’universo del cibo è però più ampio di così. C’è l’area della preparazione, che assume un’importanza notevole e che vede molti cimentarsi con piatti più elaborati, mai provati prima: qui la cucina è un ponte tra il desiderio di mangiare bene (sia dal punto di vista del gusto che dal punto di vista della salute) e la necessità di impiegare il tempo in modo costruttivo. Rientrano in questa ricerca della progettualità due comportamenti legati a quest’area: l’attenzione allo spreco di cibo, molto più accentuata del normale, e la tendenza a cucinare anche per i pasti che saranno consumati in momenti successivi.

 

Cucino la mattina anche per la sera e magari anche per il giorno dopo… conservo, conservo molto.​

 

C’è l’area del procurarsi il cibo, fare la spesa. È diventato complesso, richiede tempo e preparazione, oculatezza e una certa pratica, se si ricorre alla consegna a domicilio. Gli intervistati dichiarano di non comprare tante cose, di limitarsi alle cose che servono: è questo un dato controintuitivo, giacché una delle prime manifestazioni dell’eccezionalità della situazione è stata proprio il saccheggio dei supermercati.

Abbiamo fatto pace con la sensazione di trovarci in una situazione di scarsità di cibo? Sì, ma non solo. La spesa online non incoraggia l’acquisto di impulso, poiché porta ad attenersi a una lista; e ci sarà una lista (magari non scritta) anche per chi fa la spesa al supermercato, visto che i pasti consumati in casa sono aumentati e l’esperienza della spesa non è positiva. Regole, dunque, ancora regole. Anche sotto forma di lista della spesa.

 

Ho sempre le mie scorte, ma mi manca la libertà di andare al supermercato quando mi occorre o quando ne ho voglia.​

 


 

Ritmo sonno-veglia. Tra nottambuli, dormiglioni e insonni

Restare incolumi a questa quarantena sembra un obiettivo perseguibile da pochi eletti e solo in presenza di specifiche condizioni. Per quel che riguarda il sonno, a salvarsi mantenendo le abitudini consuete è solo il 32,9% degli intervistati, composti perlopiù da single o coppie senza figli (41,7%), pensionati (47,5%) e persone che continuano anche in quarantena a recarsi sul posto di lavoro (50,1%). In altre parole, coloro che hanno subito un minor stravolgimento della loro routine.

Tra il 66,7% degli italiani che dichiarano invece di avvertire mutamenti sul ritmo sonno-veglia, raggiunge il 38,8% la quota di quanti riportano cambiamenti di tipo significativo.
Tra chi dorme di più (37,1%) e chi lamenta di dormire di meno (38,3%), sembra comunque indubbio che gli italiani abbiano posticipato l’ora del sonno, recandosi a letto più tardi nel 53,3% dei casi, e svegliandosi dopo nel 44,5%. Abitudini, queste, tutto sommato comprensibili specialmente tra quanti sono in standby con l’attività lavorativa (61,4%) o sono alle prese con lo smart working (57,9%).

Merita una riflessione più approfondita il dato relativo al 42,7% di intervistati che afferma invece di non avere un sonno continuativo e di svegliarsi ripetutamente durante la notte. È infatti all’interno di questo segmento che, con ogni probabilità, si annidano i primi segnali di disagio a cui prestare attenzione attraverso azioni di monitoraggio e verifica costanti. Se le differenze percentuali relative al genere e alle famiglie con figli piccoli trovano in ragioni più fisiologiche e organizzative la loro spiegazione, è opportuno volgere uno sguardo più attento verso il 53,7% di quanti riportano disturbi durante il sonno e, al contempo, stanno continuando a recarsi sul luogo di lavoro anche in quarantena. Con ogni probabilità, ad agire su questo segmento di italiani è una maggiore pressione psicologica legata ad elementi come la possibile percezione di più elevata esposizione al rischio di contagio e la diversa consapevolezza degli effetti che il lockdown ha avuto sul territorio: dalla desertificazione dei nostri centri abitati, alla chiusura di aziende e uffici.

 


 

Dom. In particolare, lei… (Rispondenti: quanti hanno dichiarato di aver cambiato le abitudini nell’ambito del ritmo sonno-veglia. N = 797)


 

Attività fisica. Eppur qualcuno si muove

 

Con la chiusura dei centri sportivi e le limitazioni di circolazione nei parchi e nei centri abitati non stupisce che a ridurre l’attività fisica sia oltre il 60% degli italiani. In particolare, il movimento fisico sembra essere un traguardo irraggiungibile per quanti, oltre all’attività lavorativa, hanno dovuto riorganizzare la vita famigliare e farsi carico della piena gestione dei figli. Per questi segmenti pare proprio essere una questione di mancanza di tempo e spazio.

 

Tuttavia, nell’immobilismo della quarantena, c’è qualcuno che resiste (19,6%) e qualcun altro che si risveglia: il 20,2% degli italiani pare infatti aver colto l’occasione del lockdown per riattivarsi e dedicare parte del suo nuovo tempo libero all’attività fisica, prima di questo momento non prevista dalla sua routine. Grazie alla tecnologia, questa minoranza virtuosa di intervistati dà dimostrazione che ci si può tenere in allenamento anche da casa, e inconsapevolmente traccia i presupposti di nuovi trend che cambieranno profondamente il settore dello sport e, in maniera particolare, quello del fitness. App, programmi di allenamento, video tutorial, collegamenti in remoto con i propri trainer: sono queste le risorse a cui maggiormente attingono gli sportivi della quarantena. E tra loro non potevano che esserci i più giovani, digitalizzati e meno oberati dalle incombenze lavorative e famigliari: tra i 18-34enni raggiunge infatti il 35,9% la quota di quanti, in questa desolazione da Covid, hanno deciso di ri-accendere la passione sportiva.

 


 

Rispetto all’attività fisica, nell’attuale situazione, lei direbbe di… (Rispondenti: quanti hanno dichiarato di aver cambiato le abitudini nell’ambito dell’attività fisica. N = 965)


 

Riflessioni dalle interviste

Il sonno è un altro argomento sensibile, che però si liquida velocemente. Si va a dormire più tardi del solito, potendo anche indugiare un po’ di più a letto al mattino. Ma anche: ci si stanca meno, dunque si fa più fatica ad addormentarsi.

 

Non so bene per quale motivo ma prima di una certa ora non riesco ad addormentarmi e ti parlo delle due, le tre… la mattina invece ci sono giorni in cui alle otto apro gli occhi senza sveglia e giorni in cui dormo fino alle undici.​

 

Spesso la strategia per “stancarsi di più” è il movimento fisico, la ginnastica in casa. Che, guarda caso, è anche la strategia per far fronte all’eventuale eccesso calorico.

Ho iniziato ad allenarmi in casa perché sì, perché stando in casa mangio tantissimo, quindi meglio tenersi un po’ in allenamento. Ed è una cosa che sinceramente non avevo mai fatto prima.​

 

Le opportunità non mancano, qui, per fare delle scoperte interessanti, prima tra tutte il fatto stesso di fare ginnastica in casa invece che in palestra. Ma anche scoprire discipline alternative all’attività consueta è un modo per imparare qualcosa di sé che non si conosceva e una possibile risorsa alla quale attingere per mantenere l’equilibrio.

 

Ho riscoperto tutte quelle attività come lo yoga, il pilates, che sono decisamente a più bassa intensità, chiamiamoli così, però mi aiutano a rilassarmi, a stare un pochettino meglio.​

 


 

Tempo libero: non pervenuto

Dalle funzioni primarie siamo passati, attraverso il ponte delle strategie, al famigerato tempo libero. Termine improprio, in verità, per designare quello che è semmai “tempo recuperato”: dagli spostamenti, dal lavoro, dalla socialità normalmente svolta fuori casa. Non a caso molti dichiarano che la loro percezione è di non avere affatto più tempo libero del normale: il tempo recuperato è un tempo destinato a essere in qualche modo produttivo, non orientato esclusivamente al piacere. In questo quadro si inserisce la scelta delle cose da fare.

 

Adesso paradossalmente sembra che abbia meno tempo, rispetto a prima, mi sembra che siano aumentate le cose da fare.​

 

L’informazione è sicuramente la voce che assorbe di più, in termini quantitativi ma anche qualitativi: capire che cosa succede, seguire attentamente gli sviluppi della situazione, adottando una dieta mediatica più varia del solito, significa non solo sapere più cose (l’obiettivo dichiarato), ma anche lavorare su di sé.

Assorbire/scaricare negatività, coltivare una vita sociale mediata dai commenti sui social, alimentare/placare le paure: l’informazione contribuisce a tenere insieme la persona che siamo durante la quarantena, portando fuori di noi tutto quanto rischierebbe di scaricarsi all’interno – della casa, del nucleo familiare.

 

Mi rendo conto che adesso io sono bulimico di informazioni, voglio sapere, sto a seguire il dibattito… proprio sulla gente, su quello che dice.​

 

In questa scia si inseriscono anche le altre attività svolte in questo periodo: fare giardinaggio, seguire webinar, visitare musei virtuali: tutto è finalizzato a mantenere l’equilibrio e, se possibile, a costruire un “dopo”. Perciò si mantiene quanto percepito effettivamente utile e si lascia andare il resto.

Pensavo che da lì alle settimane successive la mia vita sarebbe stata tutta incentrata sul MoMA di New York o sulla Cineteca di Milano. Non ho visto una mostra virtuale se non quella della Pinacoteca di Brera.​

 

Insomma: tempo libero, non pervenuto.

 

A un certo punto, è come se fosse sempre domenica. Dall’altra parte sai che non è domenica. Il tempo si è un po’ confuso.​