Che cosa significa “turismo digitale”? Quali sono i temi su cui si muove? Come vengono vissuti questi temi da domanda e offerta?

Prima di addentrarci nell’argomento, è necessaria una premessa.

Nel settore turistico, più che in altri settori, l’innovazione digitale ha cambiato in modo radicale le abitudini e le esigenze dei clienti, il loro modo di informarsi, di entrare in contatto con le offerte e di vivere i territori e le esperienze di vacanza.

In un mondo iperconnesso, in cui la tecnologia e il digitale coincidono con le abitudini quotidiane, è naturale trasferire queste abitudini e attese anche nelle esperienze di vacanza: dalla ricerca dei luoghi, alle modalità della prenotazione, fino ai servizi attesi all’interno delle strutture ricettive. Questa mutazione riguarda tanto il journey dei turisti quanto l’ecosistema in cui essi sono coinvolti. D’altronde il turista altro non è che la persona, l’individuo reale e concreto: qualcuno che usa il digitale per le attività più disparate, dall’informarsi al mettersi/rimanere in contatto con gli altri.

All’interno di questo scenario, l’obiettivo degli operatori del settore deve essere duplice:

  1. comprendere a fondo i nuovi bisogni e le nuove attese della domanda turistica
  2. attivare un processo in grado di attingere alle specificità dell’innovazione tecnologica per massimizzare l’attrattività della proposta ricettiva e territoriale.

Come può avvenire questo? Mettendo in atto un insieme combinato di interventi, volti a migliorare l’esperienza del turista e a dare valore al sistema di property digitali e fisiche, allineandole alle aspettative sempre più alte degli ospiti, attuali e potenziali.

Il contributo che il digitale sta dando al settore turistico è impressionante: nel comparto ricettivo, l’online è passato dal costituire il 45% del valore delle transazioni nel 2019, al 55% nel 2021, portando il valore assoluto delle transazioni digitali dell’ospitalità a superare quelle pre-Covid. Anche nei trasporti l’incidenza delle vendite su Internet è aumentata, passando dal 55% nel 2019 al 62% nel 2021 (Fonte: PoliMi).

Attenzione: turismo digitale non è solo il momento in cui si prenota e si paga un viaggio, un alloggio o un mezzo di trasporto. Esso si manifesta lungo tutte le fasi della vacanza, seguendo passo dopo passo il percorso che compie il turista nella sua esperienza: da quando parte a quando ritorna a casa, e oltre. Di conseguenza, le opportunità offerte dal turismo digitale riguardano anche tutti i servizi e gli strumenti che fanno parte dei desideri e dei bisogni di vacanza e che coinvolgono direttamente le strutture ricettive.

E allora le domande chiave sono: quali sono le aspettative degli ospiti una volta arrivati in struttura? Quali i servizi attesi? Quali le tecnologie che fanno parte del loro quotidiano? Quali gli aspetti che fanno parte delle commodity digitali e che non possono mancare in una esperienza di vacanza? Come deve cambiare l’offerta ricettiva per soddisfare i bisogni e allinearli ai desideri dei suoi ospiti?

Il digitale, perciò, è la chiave di volta di un turismo che fa incontrare domanda e offerta su una serie di temi, centrali per entrambe – e fondamentali se parliamo di ottimizzazione del business.

Ma quali sono, e dove si incontrano, i temi portanti di domanda e offerta? Vediamone alcuni.

Il neverending tourism

Per il turista, la vacanza inizia molto prima del viaggio e termina molto dopo: è il neverending tourism, espressione coniata dall’Osservatorio Innovazione Digitale nel Turismo PoliMi e entrata ormai nel lessico di settore.

Per l’operatore, il neverending tourism è un potente abilitatore di marketing, poiché rappresenta la visione di un customer journey finalizzato alla creazione di un continuum esperienziale prima, durante e dopo il viaggio. Grazie ai contenuti on line (visite virtuali a musei e città, piattaforme di e-commerce in cui acquistare prodotti di artigianato locale, e così via) si rafforza il legame tra operatore e cliente, andando oltre il momento dell’esperienza di vacanza e aggiungendo tappe e touch point al journey tradizionale.

D’altra parte, dal punto di vista del turista, il neverending tourism ha un senso molto più quotidiano e familiare. Una vacanza inizia nel momento in cui si comincia a immaginarla e organizzarla e non finisce con il ritorno a casa. L’esperienza – il durante – è cruciale, non solo perché è il momento in cui si conferma la validità della scelta effettuata, ma anche perché è qui che si costruisce l’esperienza “storica”, quella della memoria.

Momento, questo della memoria, che sappiamo essere la parte che conserveremo davvero: recuperata una distanza – temporale, e di conseguenza anche emotiva – dall’esperienza di vacanza che stiamo compiendo, siamo più lucidi e capaci di formulare il giudizio sull’esperienza stessa che ci porterà il desiderio di ripeterla o di modificarla. C’è una profonda e forse inconsapevole conoscenza dell’importanza di questa parte di esperienza: fin da tempi non sospetti (prima dei social e degli smartphone, insomma), le foto e i video della vacanza sono un must per tutti.

Coltivare la memoria della vacanza vuol dire molte cose, per il turista/viaggiatore e per l’operatore. La più importante delle quali è lasciare una porta aperta, un canale di collegamento che dura nel tempo. Sta allora all’operatore fare in modo che questo canale colleghi il viaggiatore, oltre al territorio in cui si è svolta la vacanza, anche la struttura.

L’attenzione all’ambiente e la sostenibilità

Già a partire dal 2021, il 94% delle strutture ha messo in atto azioni per aumentare la sostenibilità, attraverso l’utilizzo di materiali, prodotti e fonti di energia sostenibili o la riduzione degli sprechi. I casi più esemplari sono gli hotel le cui fondamenta, letteralmente, sono basate su scelte ecologiche: costruiti con materiali naturali o ecosostenibili, sono riscaldati da soluzioni di climatizzazione passiva e tutto, dagli arredi ai servizi offerti agli ospiti, dal cibo alla gestione dei rifiuti, è a ridotto impatto ambientale.

Dal punto di vista della domanda, il tema non si ferma al livello degli interventi funzionali. Qui il discorso è più complesso, perché, al netto della scelta di strutture adeguate, la sostenibilità costituisce proprio un modo di viaggiare e trascorrere la vacanza che traccia percorsi inediti (nei quali, peraltro, è difficile non vedere i segni dell’esperienza degli ultimi anni).

L’attenzione all’ambiente si declina in comportamenti di viaggio e di vacanza diversi e apparentemente non collegati l’uno all’altro. Andiamo dal turismo di prossimità all’approccio slow, dalla scelta dei trasporti al cosiddetto turismo rigenerativo (ovvero, secondo le parole del New York Times, “la possibilità di lasciare un posto in modo migliore di come lo si è trovato”), alle esperienze solidali e al turismo outdoor.

Alla base di tutto rimangono due capisaldi molto forti: la consapevolezza della necessità di salvaguardare il territorio e le abitudini acquisite in casa. In fondo, la casa è stata il luogo privilegiato in cui stazionare per un lungo periodo di tempo, durante le varie ondate pandemiche. E in questo luogo, amato e odiato al tempo stesso, tante abitudini si sono consolidate e sono diventate comportamenti irrinunciabili – anche in vacanza: non è ammissibile che il luogo e/o la struttura di cui siamo ospiti non condivida almeno l’ABC di tali comportamenti virtuosi, ormai standard.

Il turismo accessibile

Secondo uno studio Eurostat, la domanda potenziale di Turismo Accessibile è stimata in circa 127,5 milioni di persone (46 milioni di persone con una qualche forma di disabilità, più circa 81 milioni di persone over 65) e l’Istat prevede un aumento dei viaggiatori con disabilità del 70% entro il 2035.

Tuttavia, quando si parla di turismo accessibile non si parla solo di abbattere le barriere, ma anche di creare una cultura sull’accessibilità che aiuti a ridurre gli errori e rendere queste riduzioni qualcosa di veramente fruibile.

Innanzitutto, teniamo conto che il turismo accessibile si rivolge non solo alle sole persone con disabilità fisica, ma anche al più ampio mondo dei bisogni rappresentato anche da persone che non hanno disabilità evidenti e riscontrabili. Accanto alle persone con disabilità motoria, sensoriale o cognitiva e alle persone con autismo, vanno considerate anche utenti come le persone obese, gli anziani, le famiglie con bambini, le donne in gravidanza, le persone con esigenze alimentari particolari (per ragioni fisiche o culturali).

Il Turismo Accessibile, quindi, può essere definito come “l’insieme dei servizi e delle strutture in grado di permettere a persone con bisogni speciali di fruire della vacanza e del tempo libero in modo appagante, senza ostacoli né difficoltà, e quindi in condizioni di autonomia, sicurezza, comfort” con dignità e secondo il principio di uguaglianza (Fonte: italiaccessibile).

Principali strumenti messi a disposizione degli operatori, in questo settore, sono il Manifesto per la promozione del Turismo Accessibile, Accessibile è meglio, il primo libro bianco sul turismo accessibile, La Bandiera Lilla: un progetto nato nel 2012 per promuovere i comuni che favoriscono il turismo accessibile.

Con sole 45 bandiere lilla su oltre 8000 comuni, l’Italia non si dimostra una località particolarmente accessibile. Si tratta di un numero ancora basso considerando che ci sono, solo in Italia,  3.1 milioni di persone che convivono con disabilità. E, presumibilmente, molte di queste persone desiderano godersi un’esperienza da turisti o da viaggiatori. Un mondo, insomma, nel quale ancora pochi operatori hanno deciso di addentrarsi. E al quale una più approfondita conoscenza dei clienti potrebbe dare una grande mano.